Finché morte non ci separi: recensione della horror comedy

Horror e commedia sono due grandi generi, due sapori cinematografici ben distinti e netti. Quando questi due universi si allineano e convergono in una precisa direzione possono dare vita a uno spettacolo superlativo. È il caso di Finché morte non ci separi, horror comedy diretta da Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett. Il gusto ferrigno e brutale incontra quello scanzonato e borderline tra i cavernosi corridoi di una tenuta familiare, luogo che ha dato i natali alla dinastia Le Domas, famosa – e scandalosamente ricca – per aver realizzato giochi da tavolo che ne hanno perpetuato la fortuna. In quella stessa dimora il giovane rampollo Alex Le Domas sposa la sua fidanzata Grace: durante i festeggiamenti i due sposi accettano di partecipare a un bizzarro gioco, una tradizione familiare molto antica, che si trasforma ben presto in una macabra e surreale lotta alla sopravvivenza.
Mai sottovalutare la rabbia di una donna
La famiglia è un luogo altamente patogeno, uno spazio in cui si sostanziano e agiscono gerarchie e ruoli di potere. Osservando questa commedia horror non si può far altro che constatare quanto i germi orrorifici facciano da pontiere tra un dislivello di potere – concentrato nell’ombelico familiare – e un divario di classe disumanizzante e avvilente. Negli ultimi anni l’horror è un genere che spesso si è trovato ad affrontare tematiche importanti, con un’impronta apertamente satirica, come nel caso del regista Jordan Peele che, con i suoi Scappa – Get Out e Noi, ha donato alla commedia horror una direzione sovversiva e caustica.
La protagonista di Finché morte non ci separi, Grace, interpretata da una strepitosa Samara Weaving, è fin da subito sotto il mirino moralista: la famiglia Le Domas, vittima della propria sconfinata avarizia, la considera un’approfittatrice, una persona interessata solo all’eredità e alla ricchezza della famiglia. Su Grace pesa uno sguardo costante che la giudica per quello che appare dal punto di vista sociale, ovvero una donna sola e squattrinata o, come la definisce il patriarca, “un’esile pagliuzza bionda”.
Finché morte non ci separi: la strepitosa Samara Weaving protagonista di una horror comedy a sfondo sociale
Ed è qui che il film sprigiona la sua vena horror, il cui esito è violento, inquietante ma mai eccessivamente spaventoso. Durante gli scontri e gli inseguimenti il ritmo delle scene è serrato, il sangue scorre a fiumi, il carattere gore di Finché morte non ci separi è evidente; nonostante questo la sceneggiatura riesce a calibrare perfettamente il genere horror con la commedia: è divertente senza mai sacrificare l’immediatezza e la crudeltà dell’orrore.
Grace, con il suo abito da sposa a brandelli, si trova al centro di un gioco di morte, combatte per la sua vita contro tutto e tutti. Ogni ferita che i componenti di questa assurda e – ultra disfunzionale – famiglia le infliggono, non fa altro che dimostrarle che la sua lotta non si sta consumando contro delle semplici persone, ma che lei in verità sta affrontando la tradizione conservatrice e machista profondamente radicata all’interno dell’idea stessa di famiglia. Grace strappa via via il suo guardaroba da novella sposa, lasciando trasparire la trasformazione che attraversa il suo personaggio: da arredo umano e accessorio, Grace diventa una donna autosufficiente, determinata, che supera il suo bisogno di avere un marito. Mai sottovalutare la rabbia di una donna.
Finché morte non ci separi è in sala da giovedì 24 ottobre, distribuito da 20th Century Fox.
Valutazione
Verdetto
Finché morte non ci separi è un film convincente: riesce a calibrare perfettamente horror e commedia, è divertente senza mai sacrificare l’immediatezza e la crudeltà dell’orrore.