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Ultima notte a Soho: recensione del film con Anya Taylor-Joy
Non c’era bisogno di Ultima notte a Soho per inserire Edgar Wright nella ristretta cerchia degli autori più importanti in circolazione. C’era però bisogno di un film come questo, con una ricerca sul colore e sulle atmosfere che ricorda i lavori di Mario Bava e Dario Argento, con una riflessione sul tema del doppio che ci riporta direttamente a La donna che visse due volte di Alfred Hitchcock e con un utilizzo della musica che porta a un livello superiore la fusione fra sonoro e immagine già cominciata con Baby Driver – Il genio della fuga, per affermare che Edgar Wright è entrato in una nuova fase della carriera, più matura per temi e contenuti ma anche più consapevole dal punto di vista registico, senza per questo rinunciare all’ironia che contraddistingue il regista britannico.
Con a disposizione un palcoscenico d’onore come Venezia 78 per la presentazione in anteprima mondiale, Wright mette in scena un thriller psicologico che è allo stesso tempo il classico frullato di citazioni a cui ci ha abituato (ce n’è anche per Quentin Tarantino, con un omaggio alla celeberrima scena di ballo di Pulp Fiction), tributo alla Swinging London degli anni ’60 e rappresentazione del rapporto di amore e odio dello stesso regista con la capitale del Regno Unito. Un’opera ambiziosa e in continuo mutamento, che poggia soprattutto sull’apporto in termini di carisma e recitazione di tre strepitose interpreti: la magnetica regina degli scacchi Anya Taylor-Joy, la sempre più brava Thomasin McKenzie, reduce da Old e da Il potere del cane, e la compianta Diana Rigg, deceduta pochi mesi dopo la conclusione delle riprese di Ultima notte a Soho.
Ultima notte a Soho: l’incubo al neon di Edgar Wright
Nel quartiere di Soho a Londra, incontriamo la giovane Eloise (Thomasin McKenzie), aspirante stilista e appassionata della cultura anni ’60, con un difficile passato familiare alle spalle. Mentre cerca faticosamente di inserirsi nella vita della metropoli, la ragazza comincia a vivere dei sogni lucidi con protagonista Sandy (Anya Taylor-Joy), una cantante in rampa di lancio dell’epoca della Swinging London che parallelamente al successo e al nascente sentimento con Jack (Matt Smith) vive delle esperienze spaventose e dolorose. In un perenne stato di paranoia, Eloise cerca faticosamente di fare luce sugli eventi che la tormentano.
C’è un filo diretto fra il precedente lavoro di Wright Baby Driver – Il genio della fuga e Ultima notte a Soho, ed è sicuramente l’utilizzo che il regista fa della musica. Come per il giovane pilota Baby, la musica è per Eloise un mezzo attraverso il quale può allontanarsi dai dolori e dalle preoccupazioni e mettersi in contatto con un passato che la stimola e la gratifica. Nelle sue cuffie e nelle nostre orecchie scorre così un’impressionante sequenza di pezzi anni ’60, fra cui spiccano Downtown di Petula Clark (tema ricorrente del film) e You’re My World di Cilla Black (cover de Il mio mondo di Umberto Bindi), a cui si alternano sonorità synth che sembrano uscite da un’opera di John Carpenter. Wright non vuole solo mostrarci la Londra anni ’60, ma vuole portarci dentro quell’epoca attraverso Eloise.
Il C’era una volta a… Hollywood di Edgar Wright
Credit: Parisa Taghizadeh / Focus Features
Soprattutto nella prima parte (la più riuscita), Ultima notte a Soho ci propone sequenze di straordinario impatto visivo ed emotivo, a partire dalla sontuosa entrata in scena di Anya Taylor-Joy, perfettamente a suo agio nei panni di una talentuosa cantante smaniosa di diventare diva. In un tripudio di luci al neon e colori accesi, che virano sempre più verso tonalità dark, assistiamo a un continuo andirivieni fra presente e passato insieme alla donna che visse due vite Eloise, che per carattere e personalità è esattamente agli antipodi della sfacciata e ambiziosa Sandy.
Il cinema di Edgar Wright non può però prescindere dal genere. Proprio quando ci sentiamo a nostro agio in una sorta di C’era una volta a… Hollywood in salsa londinese, Ultima notte a Soho sterza bruscamente, dirigendosi prima verso la paranoia alla base del cinema di Roman Polanski (non a caso, Repulsione è insieme a A Venezia… un dicembre rosso shocking una fonte di ispirazione dichiarata dallo stesso regista) ed entrando poi in un vero e proprio horror di stampo argentiano. Anche se Wright si destreggia con mano sapiente anche attraverso questi registri, piegandoli alla sua idea di cinema e narrazione, Ultima notte a Soho si adagia progressivamente in atmosfere più rodate e convenzionali, disperdendo parte dell’energia che aveva animato la prima parte del racconto.
Ci troviamo così di fronte a un thriller con forti agganci al contemporaneo che strizza l’occhio alla ghost story, ma meno imprevedibile di quanto si possa immaginare e sperare. Con il passare dei minuti, si depotenzia inoltre una delle chiavi emotivamente più forti dell’intreccio, cioè il viaggio dalla provincia britannica alla metropoli, che ha animato buona parte del cinema di Wright ed è parte del suo stesso percorso personale.
Ultima notte a Soho: la donna che visse due vite
Per la prima volta nella carriera di Edgar Wright, che con la trilogia del Cornetto è addirittura riuscito a divertirci ed emozionarci attraverso tre parodie di genere, si ha la netta sensazione che la sontuosa e avvolgente confezione di questa sua opera sia più interessante del suo contenuto, che nell’atto conclusivo si riduce sostanzialmente allo svelamento del mistero di Sandy. Questo non ci impedisce però di assistere a un’esperienza cinematografica più unica che rara, che ci fa vivere e assaporare un’epoca che la maggior parte di noi ha potuto solo immaginare, proprio come fa Eloise quando si isola in un angolo ascoltando la sua musica preferita. Un’esperienza che si può assaporare pienamente solo nella magia della sala cinematografica, il luogo ideale per godere del monumentale lavoro sull’immagine e sul sonoro di Edgar Wright, ormai pronto a spiccare il volo verso l’Olimpo di Hollywood.
Ultima notte a Soho arriverà nelle sale italiane il 4 novembre, distribuito da Universal Pictures.
Overall
Verdetto
Edgar Wright evolve ulteriormente il suo cinema, consegnandoci un frullato di citazioni e riletture della cultura pop dal sontuoso impatto emotivo. Anche se l’epilogo è meno brillante e sorprendente dell’incipit, siamo di fronte a un nuovo gioiello del regista britannico.
Eventi
Oscar 2022: tutte le nomination per la notte più attesa dell’anno

Sono state annunciate le nomination agli Oscar 2022, i riconoscimenti indubbiamente più attesi dell’annata cinematografica. A dominare su tutti è Il potere del cane di Jane Campion, che ha conquistato ben 12 nomination. A seguire, Dune di Denis Villeneuve con 10 e West Side Story e Belfast, appaiati a 7. Per quanto riguarda il comparto attoriale, non sono una sorpresa le nomination per Javier Bardem, Benedict Cumberbatch, Andrew Garfield, Will Smith e Denzel Washington fra gli uomini, come quelle di Jessica Chastain e Kristen Stewart fra le donne. Stupisce invece l’assenza di Lady Gaga dalle candidature agli Oscar 2022. La sua prova in House of Gucci non è bastata a regalarle una nomination che in molti si aspettavano.
L’Italia ha buoni motivi per festeggiare: Paolo Sorrentino ha infatti conquistato la nomination per il miglior film internazionale grazie al suo È stata la mano di Dio, mentre Enrico Casarosa ha ottenuto la candidatura nella sezione dedicata al miglior film d’animazione con il suo Luca. Da non sottovalutare inoltre la nomination per Massimo Cantini Parrini, candidato per i costumi del musical Cyrano. Di seguito, l’elenco completo delle nomination agli Oscar 2022, che saranno assegnati il prossimo 27 marzo.
Oscar 2022: tutte le nomination
Miglior film
- Belfast (Kenneth Branagh)
- I segni del cuore – CODA (Sian Heder)
- Don’t Look Up (Adam McKay)
- Drive My Car (Ryusuke Hamaguchi)
- Dune (Denis Villeneuve)
- Una famiglia vincente – King Richard (Reinaldo Marcus Green)
- Licorice Pizza (Paul Thomas Anderson)
- Nightmare Alley (Guillermo del Toro)
- Il potere del cane (Jane Campion)
- West Side Story (Steven Spielberg)
Migliore regista
- Kenneth Branagh – Belfast
- Ryusuke Hamaguchi – Drive My Car
- Paul Thomas Anderson – Licorice Pizza
- Jane Campion – Il potere del cane
- Steven Spielberg – West Side Story
Migliore attrice protagonista
- Jessica Chastain – Gli occhi di Tammy Faye
- Olivia Colman – The Lost Daughter
- Nicole Kidman – Being the Ricardos
- Penelope Cruz – Madres Paralelas
- Kristen Stewart – Spencer
Miglior attore protagonista
- Javier Bardem – Being the Ricardos
- Benedict Cumberbatch – Il potere del cane
- Andrew Garfield – Tick, Tick… BOOM!
- Will Smith – Una famiglia vincente – King Richard
- Denzel Washington – Macbeth
Migliore attrice non protagonista
- Kirsten Dunst – Il potere del cane
- Aunjanue Ellis – Una famiglia vincente – King Richard
- Ariana DeBose – West Side Story
- Jessie Buckley – The Lost Daughter
- Judi Dench – Belfast
Miglior attore non protagonista
- Kodi Smit-McPhee – Il potere del cane
- Troy Kotsur – I segni del cuore – CODA
- Ciarán Hinds – Belfast
- J. K. Simmons – Being the Ricardos
- Jesse Plemons – Il potere del cane
Miglior sceneggiatura originale
- Belfast
- Don’t Look Up
- Una famiglia vincente – King Richard
- Licorice Pizza
- La persona peggiore del mondo
Miglior sceneggiatura non originale
- I segni del cuore – CODA
- Drive My Car
- Dune
- The Lost Daughter
- Il potere del cane
Miglior film internazionale
- Drive My Car (Ryūsuke Hamaguchi)
- Flee (Jonas Poher Rasmussen)
- È stata la mano di Dio (Paolo Sorrentino)
- Lunana: A Yak in the Classroom (Pawo Choyning Dorji)
- La persona peggiore del mondo (Joachim Trier)
Miglior film d’animazione
- Encanto
- Flee
- Luca
- I Mitchell contro le macchine
- Raya e l’ultimo drago
Migliore fotografia
- Dune
- Nightmare Alley
- Il potere del cane
- Macbeth
- West Side Story
Miglior montaggio
- Don’t Look Up
- Dune
- Una famiglia vincente – King Richard
- Il potere del cane
- Tick, Tick… BOOM!
Migliore scenografia
- Dune
- Nightmare Alley
- Il potere del cane
- Macbeth
- West Side Story
Migliore colonna sonora
- Don’t Look Up
- Dune
- Encanto
- Madres Paralelas
- Il potere del cane
Miglior canzone originale
- Be Alive (Una famiglia vincente – King Richard)
- Dos Oroguitas (Encanto)
- Down to Joy (Belfast)
- No Time to Die (No Time to Die)
- Somehow You Do (Four Good Days)
Migliori effetti visivi
- Dune
- Free Guy
- No Time to Die
- Shang-Chi e la leggenda dei Dieci Anelli
- Spider-Man: No Way Home
Miglior sonoro
- Belfast
- Dune
- No Time to Die
- Il potere del cane
- West Side Story
Migliori costumi
- Crudelia (Jenny Beavan)
- Cyrano (Massimo Cantini Parrini)
- Dune (Jacqueline West and Bob Morgan)
- Nightmare Alley (Luis Sequeira)
- West Side Story (Paul Tazewell)
Miglior trucco e acconciatura
- Il principe cerca figlio
- Crudelia
- Dune
- Gli occhi di Tammy Faye
- House of Gucci
Miglior documentario
- Ascension
- Attica
- Flee
- Summer of Soul
- Writing with Fire
Migliore cortometraggio documentario
- Audible
- Lead Me Home
- The Queen of Basketball
- Three Songs for Benazir
- When We Were Bullies
Migliore cortometraggio
- Ala Kachuu
- The Dress
- The Long Goodbye
- On My Mind
- Please Hold
Miglior cortometraggio d’animazione
- Affair of the Art
- Bestia
- Robin Robin
- Boxballet
- The Windshield Wiper
Eventi
Razzie Awards 2022: le candidature per i peggiori film dell’anno

Sono state annunciate le nomination ai Razzie Awards 2022, riconoscimenti dedicati al peggio che il cinema ha saputo offrire nel corso dell’annata precedente. La cerimonia di consegna di questi temutissimi premi si terrà il 26 marzo cioè, come da tradizione, la sera prima degli Oscar. Non mancano le sorprese, come le diverse candidature per il film Netflix La donna alla finestra e per la sua protagonista Amy Adams, quelle a Jared Leto e Ben Affleck e a Space Jam: New Legends. Ma a meritare la palma di star più sbertucciata dell’annata è sicuramente Bruce Willis, che conquista addirittura una categoria dedicata solo alle sue performance nella passata stagione cinematografica. Di seguito, tutte le nomination ai Razzie Awards 2022.
Le nomination ai Razzie Awards
Peggior film
- Diana the Musical (adattamento Netflix)
- Infinite
- Karen
- Space Jam: New Legends
- La donna alla finestra
Peggior attore protagonista
- Scott Eastwood (Dangerous)
- Roe Hartrampf (Diana the Musical)
- LeBron James (Space Jam: New Legends)
- Ben Platt (Caro Evan Hansen)
- Mark Wahlberg (Infinite)
Peggiore attrice protagonista
- Amy Adams (La donna alla finestra)
- Jeanna de Waal (Diana the Musical)
- Megan Fox (Midnight in the Switchgrass)
- Taryn Manning (Karen)
- Ruby Rose (Vanquish)
Peggiore attrice non protagonista
- Amy Adams (Caro Evan Hansen)
- Sophie Cookson (Infinite)
- Erin Davie (Diana the Musical)
- Judy Kaye (Diana the Musical)
- Taryn Manning (Every Last One of Them)
Peggior attore non protagonista
- Ben Affleck (The Last Duel)
- Nick Cannon (The Misfits)
- Mel Gibson (Dangerous)
- Gareth Keegan (Diana the Musical)
- Jared Leto (House of Gucci)
Peggiore coppia sullo schermo
- Ogni membro goffo del cast in qualsiasi numero musicale lirico (o coreografato) (Diana the Musical)
- LeBron James e ogni personaggio Warner Cartoon (o prodotto Time-Warner) che dribbla nel film (Space Jam: New Legends)
- Jared Leto con la sua faccia di lattice da 17 libbre, i suoi vestiti geek o il suo ridicolo accento (House of Gucci)
- Ben Platt e qualsiasi altro personaggio che si comporta come lui, cantando tutto il giorno come se fosse normale (Caro Evan Hansen)
- Tom & Jerry (aka Itchy & Scratchy) (Tom & Jerry the Movie)
Peggior prequel, remake, plagio o sequel
- Karen (involontario remake di Crudelia)
- Space Jam: New Legends
- Tom & Jerry the Movie
- Twist (remake in salsa rap di Oliver Twist)
- La donna alla finestra (plagio de La finestra sul cortile)
Peggior regista
- Christopher Ashley (Diana the Musical)
- Stephen Chbosky (Caro Evan Hansen)
- Coke Daniels (Karen)
- Renny Harlin (The Misfits)
- Joe Wright (La donna alla finestra)
Peggior sceneggiatura
- Joe DiPietro – Diana the Musical
- Coke Daniels – Karen
- Kurt Wimmer and Robert Henny – The Misfits
- John Wrathall and Sally Collett – Twist
- Tracy Letts – La donna alla finestra
Peggiore interpretazione di Bruce Willis in un film del 2021
- Bruce Willis / American Siege
- Bruce Willis / Apex
- Bruce Willis / Cosmic Sin
- Bruce Willis / Deadlock
- Bruce Willis / Fortress
- Bruce Willis / Midnight in the Switchgrass
- Bruce Willis / Out of Death
- Bruce Willis / Survive the Game
Per essere sempre aggiornati sui Razzie Awards, vi invitiamo a consultare il sito ufficiale.
News
Douglas Trumbull è morto: il regista ed effettista ci lascia a 79 anni

«Mio padre, Douglas Trumbull, è morto la notte scorsa dopo un’importante battaglia di due anni contro il cancro, un tumore al cervello e un ictus. Era un genio assoluto e un mago e i suoi contributi all’industria del cinema e degli effetti speciali vivranno per decenni e oltre. Ha creato gli effetti speciali visivi per il 2001 Odissea nello spazio, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Blade Runner, Star Trek e The Tree of Life. Ha diretto Silent Running e Brainstorm. Mia sorella Andromeda ed io lo abbiamo visto sabato e gli abbiamo detto che lo amiamo, invitandolo a godersi e abbracciare il suo viaggio nel Grande Oltre. Ti voglio bene papà, mi mancherai di sicuro!». Con questo commosso e appassionato post su Facebook, la figlia Amy ha annunciato la scomparsa a 79 anni di Douglas Trumbull, celebre regista ed effettista statunitense.
Fra i tanti lavori di Trumbull, si annoverano pietre miliari della fantascienza, come 2001: Odissea nello spazio, Incontri ravvicinati del terzo tipo e Blade Runner, capolavori per i quali ha contribuito agli effetti speciali, permettendo a registi del calibro di Stanley Kubrick, Steven Spielberg e Ridley Scott di firmare opere scolpite indelebilmente nell’immaginario collettivo.
Douglas Trumbull: addio a un maestro degli effetti speciali
In una carriera a Hollywood concentrata soprattutto fra anni ’60 e anni ’80, Douglas Trumbull si è distinto come uno degli effettivi più abili, capace di diventare davvero un valore aggiunto per i progetti a cui ha preso parte. Da non sottovalutare inoltre il suo contributo come regista, per cult come 2002: la seconda odissea e Brainstorm – Generazione elettronica. La fantascienza era il suo habitat naturale, perché gli permetteva di sprigionare tutta la sua fantasia e il suo genio visionario, senza però rinunciare al realismo che contraddistingueva la sua opera. A lui dobbiamo la sontuosa scena della Porta delle Stelle di 2001: Odissea nello spazio, ma anche alcune delle trovate visive più efficaci di Blade Runner.
Dopo essersi allontanato dall’industria cinematografica, si dedica alla sperimentazione nell’ambito dei luna park e dei parchi a tema, sviluppando attrazioni che nel corso degli anni hanno intrattenuto centinaia di migliaia di persone, fra le quali citiamo il Back to the Future Ride degli Universal Studios di Los Angeles. Prima della malattia e della prematura scomparsa, Douglas Trumbull riesce a collaborare con un altro maestro come Terrence Malick, con cui firma The Tree of Life e Voyage of Time, progetti che gli permettono nuovamente di dare vita a tutta la sua creatività.
Una carriera che è già storia del cinema, suggellata da 3 nomination all’Oscar (per gli effetti speciali di Incontri ravvicinati del terzo tipo, Star Trek e Blade Runner) e da due statuette per il merito tecnico-scientifico (nel 1993) e per il Premio Gordon E. Sawyer nel 2012. Oggi finisce il suo viaggio nel cinema, ma comincia quello fra le stelle che ha più volte intrapreso coi suoi film.